LA CITTà SOMMERSA

Circa nel 350 passò di qui un cavaliere, S. Martino noto per aver offerto il proprio mantello ad un infreddolito mendicante di Amiens. S.Martino passò anche per queste terre, esattamente ad Ivrea, dove gli fu negata ospitalità da ogni cittadino. Raggiunse dunque sul lago di Viverone navigando sulla Dora Baltea direttamente sopra il proprio mantello! Nei pressi di Anzasco sulla riva del lago, fondo un borgo chiamato proprio S. Martino che oggi non esiste più. Pare infatti che Dio, per voler sondare se gli abitanti del paese avessero assorbito la lezione di carità del loro fondatore, decise di inviare un angelo trasvestito da mendicante a chiedere, proprio come il Santo cavaliere, ospitalità passando di casa in casa. Ebbene, solo poche famiglie lo accolsero! A questo punto Dio fece avvertire coloro che avevano aiutato l'angelo di abbandonare quanto prima il luogo perchè da lì a poco, il borgo fu inghiottito dalle acque del lago e con esso anche la Chiesa di S. Martino dalle cui acque ogni tanto fa sentire ancora la sua campana! L'episodio ha purtroppo dato origine anche ad un dramamtico amore, si tratta della Dama del lago. Questa fanciulla ancora oggi si aggira di notte sottoforma di fantasma durante il plenilunio lungo la riva, cerca il suo amore scomparso, inghiottito dalle acque, insieme alla chiesa di S. Martino, laddove si sarebbero dovuti sposare...

La città è esistita e scomparsa davvero, come testimonia un documento del XIII secolo che parla proprio della chiesa di S. Martino.

Sotto l'acqua del lago fu localizzato un antico insediamento preistorico alpino, che dal 2011 è entrato nell'elenco del patrimonio dell'umanità (con ID=1363-102) dell'UNESCO. Il ritrovamento di antiche costruzioni palafitticole, in special modo in frazione Masseria e presso le rive nord-occidentali (a ridosso del Lido di Anzasco e verso Azeglio [3]), lo rendono un importante sito d'interesse archeologico.
Nel corso dei secoli furono rinvenuti anche monili, spade, asce, spilloni, ornamenti vari femminili, utensili e attrezzi vari che confermarono la presenza di insediamenti umani risalenti al Neolitico e, soprattutto, all'epoca del rame e della media età del bronzo (2000-1200 a.C. circa, il cosiddetto periodo fittile[4]).
Probabilmente, un clima più temperato e l'uso di strumenti in bronzo favorirono una crescita demografica anche fuori dal contesto lacustre. Altri siti della zona quali, ad esempio, la Cava di Purcarel, in frazione Bertignano, più due reperti di imbarcazioni preistoriche ricavate da unico tronco d'albero, chiamate piroghe, rinvenute dai fondali del Lago di Bertignano nel 1912 e nel 1982 (entrambe conservate al Museo di Antichità di Torino), confermarono ancora una presenza di insediamenti stanziali umani degli stessi periodi preistorici, fino alle prime invasioni romane della Gallia cisalpina nel III secolo a.C. circa.

Alto Medioevo

Viverone fu certamente un frequente crocevia del passaggio di eserciti romani alla conquista della Gallia e del Nord Europa in genere. Tuttavia, dopo la caduta dell'Impero Romano del 476, Viverone fu invaso dapprima da est, dai Longobardi del VI secolo, quindi dai Franchi da ovest, dei quali rimasero gli eredi Anscarici del X secolo. Questi ultimi si contesero il territorio contro i vescovi di Vercelli, essendo Viverone zona confinante strategica tra il marchesato di Ivrea ed il Capitolo ecclesiastico di Sant'Eusebio di Vercelli (305-371), primo vescovo e patrono del Piemonte (che diffuse il culto di venerazione della Madonna Nera del Santuario di Oropa, praticato in tutto il biellese). Sotto vari scambi e cessioni di proprietà territoriale d'epoca feudale (dal IX-X secolo circa), in generale Viverone restò quasi sempre sotto la protezione del Capitolo vescovile. Un presidio monastico benedettino del IX secolo fu dedicato a San Martino di Tours, probabilmente eretto in zona frazione Comuna, e oggi totalmente scomparso. In alcuni documenti antichi infatti, il lago compare col nome di Lago di San Martino.

Basso Medioevo

Altri documenti del XII secolo confermarono che gli ultimi feudatari, tali Oddone e Bongiovanni, intorno al 1150 cedettero definitivamente gli ultimi possedimenti viveronesi ai vescovadi vercellesi.
Intorno a quel periodo, oltre alla chiesetta benedettina di San Martino, attraverso dei documenti risalenti al 1151 (di Papa Eugenio III) e del 1159 (Federico I Barbarossa), si confermò Viverone come località monacale benedettina (grazie agli studi condotti dal monaco storico Frate Lebole nel XIX secolo, a cui fu dedicata la via di frazione Rolle e da non confondersi col nipote Luigi Lebole, al quale fu invece titolata il nome della via delle Scuole elementari).
Intorno al XII secolo, fu eretta, sulla collina orientale, una prima chiesetta dedicata a San Michele, poi ampliata a piccolo convento e denominata Cella S. Marco (XV secolo), quindi nuovamente Cella S. Michele. Infine, completamente ristrutturata, nel XVIII secolo fu definitivamente chiamata La Cella Grande, oggi elegante sede di un'azienda agricola.
Nei decenni successivi si inasprirono poi le rivalità tra i guelfi clericali (cui spicca il conte Pietro Bichieri, o Bicchieri, nipote del Cardinale Guala) e gli anticlericali ghibellini. Con la vittoria dei Guala-Bicchieri sui territori vercellesi, tutto il territorio viveronese fu nuovamente conteso nel 1350, questa volta tra i Visconti longobardi e i Savoia-Acaia piemontesi. I Visconti furono aiutati militarmente da Facino Cane, un condottiero mercenario al soldo di Teodoro II del Monferrato, che nel 1391 saccheggiò barbaramente il territorio.

Tuttavia, tredici anni più tardi, esattamente nel 1404, il conte-duca Amedeo VIII di Savoia riuscì a sconfiggere i Visconti e a riprendersi il paese. Per volere di Carlo Emanuele I, Viverone fu ceduto dapprima al fido marchese Mercurino Arborio di Gattinara (1465-1530), gran cancelliere di Carlo V e futuro cardinale; quando quest'ultimo morì, il paese fu quindi lasciato temporaneamente in feudo al nobile Francesco Dal Pozzo, poi nuovamente al casato di Giovanni Arborio di Gattinara (1480-1544)[5].
In questo periodo, Viverone visse un'epoca di splendore e di ricostruzione. Sorse infatti il castello collinare, sulle basi di un preesistente castrum militare dell'XI secolo, e successivamente chiamato il Ricetto (costruito intorno al 1420-1480 circa), situato nel punto più alto della collina di frazione Bertignano, quindi usato da piccola roccaforte di osservazione: purtroppo ne rimangono oggi pochissimi ruderi.

Dall'epoca moderna ad oggi

Nel XVII secolo Viverone continuò ad appartenere al casato dei Gattinara, dapprima col marchese Gian Aurelio (1620) e, successivamente (1790), col marchese Dionigi[6]. Più tardi, altri nobili piemontesi godettero dei paesaggi viveronesi come, ad esempio, i marchesi di Ponzone e i conti di Biandrate, e infine il Marchese Balbiano da Susa (1720-1760). Il territorio viveronese fu ancora conteso nel XIX secolo, tra vari nobili di Azeglio, Piverone, Borgo d'Ale, Alice Castello, Cavaglià e Roppolo, fino ai giorni nostri.

L'Unità d'Italia non placò le liti sul dominio del territorio. Esse continuarono per l'amministrazione economica e turistica del Lago. Le percentuali di proprietà di quest'ultimo, conteso tra le amministrazioni della allora provincia di Torino (oggi Città metropolitana) e di Vercelli (poi tra provincia di Vercelli e Biella nel 1992), si definirono solo intorno ai primi del Novecento. Fino a poco tempo fa infatti, alcuni sostenitori della Provincia di Torino usavano chiamare il lago come "Lago di Anzasco", quest'ultimo Lido già frazione di Piverone (sotto la Provincia-Città metropolitana di Torino).
Dal 1910 al 1940 poi, le acque del Lago di Viverone e del Lago di Bertignano furono utilizzate per degli scopi industriali; tra i due laghi funzionava una vecchia centrale idroelettrica della società Alta Italia. Durante la notte, con dei motori, l'acqua del Lago di Viverone veniva pompata su nel laghetto più alto di Bertignano, mentre di giorno veniva sfruttata l'energia idrica di caduta, nei momenti di maggiore richiesta. Di questo impianto esistono ancora dei resti, quali condotte di collegamento più una enorme cisterna metallica grigia, visibile sulla collina viveronese.
Ancor oggi, Viverone rimane un crocevia di turismo e di tradizioni. Attualmente, lo scalo ferroviario più vicino si trova a Santhià (a circa 15 km). In passato però, esisteva una delle prime automotrici littorine, costruita agli inizi del XX secolo e che trasportava fino a Ivrea, ma fu poi dismessa nel secondo dopoguerra. Tra il 1882 e il 1933 Viverone fu servita dalla tranvia a vapore Ivrea-Santhià.

Monumenti e luoghi d'interesse

  • Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, sui resti di una più antica del XII secolo dedicata a San Nicola, fu eretta nella sua forma attuale tra il 1710 (inizio del campanile[7]) e il 1840, anno di completamento della facciata in stile neoclassico semplice, quindi ristrutturata nel 1981. Di stile simile rimane anche la chiesetta cimiteriale detta della "Cura" (costruita su una preesistente, già annessa ai clerici Cisterna nel 1190 con la Beata Vergine del Rosario presso il vicino paese di Roppolo).
  • Chiesetta dedicata a San Defendente, in via omonima angolo via Umberto I, edificio già attestato intorno al XVII secolo.
  • Chiesa di San Rocco, in via omonima, con facciata in barocco piemontese con mattoni a vista (periodo 1710-1720).
  • Chiesa della Madonna del Carmine situata in frazione Masseria; Chiesa costruita all'inizio del XX secolo, nell'omonima frazione; Fortemente voluta e costruita sia di apporto di mano che di offerte, dagli abitanti delle frazioni Masseria, Veneria e Comuna, per avere una Chiesa nelle vicinanze delle loro abitazioni, in quanto la Chiesa parrocchiale era distante qualche chilometro.

Si tratta di una chiesa semplice; nella nicchia sopra l'altare, è collocata la statua della Madonna del Carmine.

  • Villa Lucca, edificio di Via Umberto I, 107, provvisto di parco comunale sul retro e oggi sede del Municipio e della biblioteca Bertoldo, fu eretta sul finire del XVIII secolo per il cavalier Pietro Lucca, ultimo erede di ricca famiglia viveronese.
  • Chiesetta dei S.S. Fabiano e Sebastiano, prospiciente al Municipio Villa Lucca, in Via Umberto I, 90 angolo Via Relenda. Fu eretta, forse, in occasione di un'epidemia di peste del XVI secolo; di proprietà prima della famiglia Lucca, fu poi ceduta alla famiglia Tarello e restaurata nel XVIII secolo, quindi dedicata anche a San Domenico[8]. Adiacente a essa, la sede viveronese della Associazione nazionale degli Alpini.
  • Il già citato ricetto di Bertignano, sulle basi di un preesistente castrum militare dell'XI secolo, eretto nel 1420-1480 circa, usato come roccaforte di osservazione, e di cui oggi ne rimangono solo pochissimi ruderi.
  • Villa Paolina di Via Zimone in frazione Rolle, provvista di un piccolo parco, costruita alla fine del XIX secolo
  • Lago di Bertignano, piccolo laghetto in frazione omonima a nord-est del paese che, insieme alla vicina Cava di Purcarel, rimane un sito di interesse archeologico-preistorico e di riserva faunistica.


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